Premetto che vivo a Milano, sono stancamente interista e amo tantissimo Roma. Non so se queste sono credenziali sufficientemente asettiche per esprimere un’opinione sulla batosta ricevuta dalla capitale (e dall’Italia) nella mancata assegnazione dell’esposizione universale per il 2030: trenta milioni spesi per ottenere soltanto 17 preferenze contro i 119 voti dati a Riad, città simbolo di quella ricca dittatura islamica che si chiama Arabia Saudita. Perfino Busan in Corea del Sud ha ricevuto di più: 29 sì. Ma mi fa molto piacere pensarla come la maggior parte dei romani che hanno disertato in massa il chiosco, allestito in centro per attendere il risultato finale: a parte Fabrizio Santori, capogruppo della Lega in consiglio comunale, e Tobia Zevi, assessore di centrosinistra al Patrimonio, il resto degli abitanti di Roma non c’era. Erano tutti a lavorare e a occuparsi di questioni più importanti (nell’immagine sopra, la cerimonia del 21 novembre 2023 all’Hotel Plaza Athénée, uno dei luoghi più esclusivi di Parigi, dedicata alla candidatura italiana – foto Roma2030).
Devo confessare un precedente. Nel 2012 credo di aver fatto fallire, con un’inchiesta giornalistica, la candidatura di Roma alle Olimpiadi 2020. È bastato elencare e fotografare le cattedrali nel deserto costruite e abbandonate nel tempo da vari comitati in nome dello sport e dei grandi eventi: dallo stadio del nuoto dell’archistar Santiago Calatrava alle piscine di quartiere che hanno cominciato a crollare ancora prima di essere terminate. Centinaia di milioni di euro buttati al vento: o meglio, pagati a costruttori, progettisti, esecutori, senza il minimo beneficio per la popolazione. E senza che nessuno abbia rimesso di tasca propria per questo scempio di denaro pubblico. L’articolo finì sulla scrivania dell’allora premier Mario Monti e il capo del governo, forse anche per questa ragione, non firmò la dichiarazione di sostegno, necessaria alla candidatura della capitale.
Spesi due milioni per la sede del comitato (mai finita)
Per ambire all’Expo 2030, però, è bastato il sì di Virginia Raggi, la sindaca 5Stelle, quando ancora credeva che i romani l’avrebbero votata per il secondo mandato. Ammiccare ai comitati politici e ai padronati del cemento comunque non è servito alla sua riconferma. Ma da Antonio La Trippa, il mitico personaggio di Totò, in poi sappiamo bene che in campagna elettorale i politici promettono la luna. Tanto i soldi per comprarla non sono i loro.
La sconfitta di Virginia Raggi alle amministrative avrebbe dovuto suggerire al successore che per i romani l’Expo non era tra le priorità. Ma il progetto è malauguratamente sopravvissuto con l’insediamento della giunta di centrosinistra dell’attuale sindaco, Roberto Gualtieri (foto sopra, nell’incompiuta Citta dello sport), che riesce così a fallire per conto terzi. E grazie alla decisione della nuova amministrazione, nel frattempo, la città ha speso i 30 milioni per sostenere il buon nome di Roma: nella speranza di ottenere l’Expo 2030 e mobilitare le centinaia di milioni necessarie a completare (nascondere) le malefatte urbanistiche del recente passato. Sì, gli appalti sui grandi eventi sono un po’ come la famosa catena di Sant’Antonio. E sempre al nome di La Trippa si torna.
La storia però non si chiude qui. I cittadini romani continueranno (continueremo) infatti a pagare la realizzazione della sede del comitato promotore di Expo 2030 che, se non verrà abbandonata come lo stadio di Calatrava, sarà consegnata non prima di gennaio 2024. Sì, avete capito bene. Era il 21 agosto 2023 e gran parte di noi era in vacanza, quando Ginevra Nozzoli su RomaToday ci ha raccontato che la giunta di Roberto Gualtieri aveva appena stanziato quasi due milioni per la sede del comitato promotore che “sarà pronta quando non servirà più”. Anche perché in caso di assegnazione, da promotore il comitato sarebbe diventato organizzatore e avrebbe avuto bisogno di uffici più grandi.
Poi arriverà il conto delle Olimpiadi invernali senza neve
Ecco la cronaca dell’estate: “Un milione e 800 mila euro stanziati a bilancio per rifare pavimenti, rivestimenti, controsoffitti, infissi, impianti elettrici e termici e per sostituire l’ascensore di un palazzo di pregio con vista fontana di Trevi al civico 86 di via della Stamperia. Nulla di strano, si dirà, se non fosse per le tempistiche quanto meno bizzarre dal momento che per l’ok finale ai lavori c’è voluto più di un anno e l’iter di promozione per spingere la candidatura della Città eterna si avvia oramai al termine”. In fondo, un milione e 800 mila euro o 30 milioni che siano, cosa sono di fronte all’eternità? Il resto dell’articolo di RomaToday lo potete leggere qui.
Soltanto un approccio fin troppo ottimista al denaro pubblico poteva convincersi che dopo aver ottenuto l’Expo nel 2015 a Milano, l’Italia avrebbe bissato con Roma 2030. Ma non c’è nessun motivo, adesso, per stare tranquilli: tra meno di 800 giorni Milano e Cortina ospiteranno le Olimpiadi invernali. E far diventare Milano capitale dello sci è un po’ come assegnare a Riad il ruolo di città universale. Nel 2022 la dittatura saudita ha eseguito 196 condanne a morte: il più alto numero degli ultimi 30 anni, tre volte di più rispetto al 2021 e sette volte rispetto al 2020 (Amnesty International). Da qui al 2030, può perfino decuplicare.
Le operazioni Expo e Olimpiadi, così come i superbonus facciate o il ponte sullo Stretto di Messina, sono legati dallo stesso filo: la politica continua a sostenere le lobby del cemento, da sinistra a destra, mentre tutto il resto dell’industria italiana, della ricerca, della formazione vengono abbandonate al loro destino (nella foto sopra, secondo da destra, Attilio Fontana, presidente della Regione Lombardia, con la bandiera olimpica a Milano). Così, nell’attesa che il Comune romano inauguri a gennaio l’inutile sede del comitato per l’Expo perduta, a noi comuni mortali non rimane che metterci in coda nella cronaca quotidiana.
Come ci racconta Veronica Sauchelli su RomaToday Dossier: per fare un esame medico nella metropoli senza ambulatori pubblici, bisogna andare a Viterbo. Intanto la città è sommersa di turisti, che non si sa più dove mettere: oltre 13 milioni di visitatori a inizio estate, battuti tutti i record pre e post pandemia. Senza spendere 30 milioni in costosi comitati, sarebbero bastati i libri di storia a promuovere la capitale: Colosseo, Fori imperiali, Musei vaticani, San Pietro… Mentre a Milano per molti studenti le olimpiadi invernali sono già cominciate. Dopo le piogge torrenziali dell’autunno e le infiltrazioni d’acqua dal tetto, i controsoffitti delle loro aule sono pericolanti. Ministero, Stato, Regione, Comune, nessuno ha i soldi per accollarsi le riparazioni. E da un mese ragazze e ragazzi fanno a gara, ogni mattina, per rimediare uno spazio dove sedersi a lezione.
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Fonte : Today