A permettere di uscire sani e salvi agli operai intrappolati da 17 giorni nella regione hilayana dell’India è stato il lavoro di un gruppo di dalit e tribali specializzati in un tipo di scavo manuale in condizioni inumane nelle miniere di carbone. Ufficialmente vietato, per troppi è ancora l’unica possibilità di guadagnare poche rupie mettendo a rischio la propria vita.
New Delhi (AsiaNews) – L’India gioisce oggi per la liberazione dei 41 lavoratori rimasti per 17 giorni intrappolati nel crollo del tunnel Silkyara, nella regione himalayana dell’Uttarakhand. Ma per questo risultato deve ringraziare soprattutto dalit e tribali, i lavoratori più emarginati spesso utilizzati nel cosiddetto rat-hole mining, lo scavo della “tana del ratto”, una contestata tecnica manuale utilizzata nelle miniere di carbone. Il loro contributo si è rivelato infatti essenziale per abbattere gli ultimi 60 metri di parete che imprigionavano la squadra di operai rimasta bloccata dalle macerie del crollo.
Il rat-hole mining è un metodo primitivo e ufficialmente vietato di estrazione manuale del carbone che prevede lo scavo di pozzi verticali molto stretti nel terreno attraverso i quali i minatori scendono per estrarre il materiale. Queste persone scendono nei pozzi usando corde o scale di bambù, senza dispositivi di sicurezza. Il carbone viene poi estratto manualmente con strumenti primitivi come picconi, pale e ceste. Le gallerie utilizzate sono in genere grandi appena lo spazio che permette a un solo minatore per volta di scendere. Per questo motivo i “minatori-ratti” spesso includono donne e bambini.
Gli esperti affermano che questo metodo è dannoso per l’ambiente ed è stato collegato all’erosione del suolo, alla deforestazione, all’acidificazione dei fiumi e all’alterazione degli ecosistemi locali, oltre che ovviamente essere molto pericoloso per quanti lo praticano. Ma nonostante tutto questo viene ancora praticato dai dalit e dalle tribù più povere del Jharkhand e degli Stati limitrofi come il Bihar e la parte orientale dell’Uttar Pradesh. Queste persone povere tagliano muri di pietra per cercare il carbone: rischiano la vita, muoiono per sfinimento, per guadagnare le poche rupie necessarie per vivere e sfamare le famiglie.
Di fronte al fallimento degli altri metodi per la parte più delicata del salvataggio dei 41 lavoratori intrappolati dal crollo del tunnel di Silkyara si è ricorso all’esperienza di 12 di loro. È grazie al coraggio di queste persone se tutti ieri sera sono usciti sani e salvi da questa lunga prova. Ma ci si ricorderà davvero di loro domani, quando in tante maniere illegali ricomincerà questa forma di sfruttamento vergognoso?
Fonte : Asia