Un conflitto iniziato nel 1969 ai tempi del padre dell’attuale presidente Marcos Jr e che ha causato oltre 40mila morti, in gran parte civili. A sei anni dallo stop di Duterte alle trattative, firmata una dichiarazione in cui le parti si impegnano a ricercare “una soluzione equa e pacifica”. La scorsa settimana concessa un’amnistia ai ribelli detenuti.
Manila (AsiaNews) – Nelle Filippine riparte il percorso di pace tra governo e il National Democratic Front of the Philippines, interrotto sei anni fa dal presidente Rodrigo Duterte. L’intento è quello di raggiungere un accordo che metta fine alla guerriglia di ispirazione comunista attiva dai tempi della dittatura di Ferdinand Marcos, padre dell’attuale e omonimo presidente delle Filippine.
Il Fronte, che rappresenta i ribelli sul piano politico e diplomatico, è guidato oggi da Luis Jalandoni, ex sacerdote e fondatore del movimento “Cristiani per la liberazione nazionale”, riferimento del Partito comunista filippino, il cui leader riconosciuto e guida del movimento di ribellione con forti connotati maoisti, Jose Maria Sison, è morto in esilio in Olanda lo scorso dicembre.
Quello con la guerriglia comunista è il più duraturo conflitto aperto nell’arcipelago, essendo iniziato nel 1969 e in questi anni ha provocato oltre 40mila morti, in buona parte civili. Jalandoni, da lungo tempo interlocutore del governo nel dialogo per arrivare a una soluzione, ha accolto l’invio del negoziatore governativo e Assistente speciale del Presidente Antonio Ernesto Lagdameo, firmando il 23 novembre nella capitale norvegese Oslo una dichiarazione in cui “le parti si impegnano per una soluzione equa e pacifica del conflitto armato”.
Nella dichiarazione si sottolinea anche “la necessità di unità come nazione” per poter meglio affrontare “minacce esterne alla sicurezza” e una situazione socio-economica e ambientale problematica.
Il documento che getta le basi per il successivo dialogo, ne disegna le priorità al fine di “raggiungere riforme socio-economiche e politiche significative verso una pace giusta e duratura”.
Per quanto riguarda l’identità futura del Fronte, dichiarata organizzazione terroristica in passato, nel Paese e all’estero, il comunicato congiunto indica che “la soluzione del conflitto armato e la fine della lotta armata” porterà a una trasformazione del Partito comunista e del suo braccio armato, il Nuovo esercito del popolo (Npa).
L’annuncio della riapertura dei colloqui è stato preceduto la scorsa settimana da un’amnistia per i ribelli detenuti. Un provvedimento voluto dal presidente Marcos e apprezzato da molti, incluse le forze di sicurezza, che vedono la possibilità di mettere fine a un conflitto, ma sgradito a alcune parti politiche che temono manovre repressive e un mancato coinvolgimento della società civile giustificati dalla “necessità” di arrivare a un accordo.
Fonte : Asia