TikTok ha ormai ampiamente superato il miliardo di utenti nel mondo ed è forse l’unico social network in crescita da ormai 3 anni a questa parte. Ancora: soltanto nel nostro Paese ci sono 20 milioni di utenti attivi mensilmente, cioè praticamente una persona su 3 usa la piattaforma.
Sono numeri notevoli e comprensibilmente preoccupanti per la concorrenza, che infatti ha a più riprese provato a contrastare questo strapotere, con Instagram che ha iniziato a spingere di più sui video (facendo infuriare tutti) e YouTube che ha creato Shorts, che sembra in effetti la copia di TikTok ed è fra l’altro l’unica piattaforma che riesce a tenergli testa. Del gruppo dei preoccupati fa parte anche Google (sempre più giovanissimi fanno ricerche partendo da TikTok) e presto potrebbe aggiungersi anche Amazon, che già l’anno scorso aveva provato a prendere TikTok in contropiede.
Da 5 a 20 miliardi di dollari in un anno
Non è un mistero che l’app, che appartiene alla multinazionale cinese ByteDance, voglia allargare il proprio campo d’azione allo shopping, anche per monetizzare ancora meglio la mole di utenti che ogni giorno passano ore a scorrere video su video: sono stati fatti test in vari Paesi del mondo (in Indonesia, per esempio) e soprattutto lo scorso settembre è stata aperta la sezione ecommerce negli Stati Uniti, dove gli utenti di TikTok sono circa 150 milioni.
Il funzionamento è semplice: si guarda un video, oppure anche una live, in cui un creator parla di un prodotto, c’è un link che porta al sito (o a un minisito ospitato dentro all’app stessa) dove si possono avere maggiori informazioni su quel prodotto e lo si può comprare, si clicca, lo si compra, si torna su TikTok. E si ricomincia il giro.
In questo modo, secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, TikTok vorrebbe aumentare il valore delle merci vendute sulla piattaforma dai circa 5 miliardi di dollari del 2022 sino ad almeno 20 miliardi di dollari nell’arco di un anno (il dato è riferito al mercato mondiale).
Il modello di business è quello che in Cina funziona benissimo: il cosiddetto livestreaming ecommerce, portato avanti da piattaforme come Douyin (che è poi la versione cinese di TikTok), Kuaishou e in qualche modo anche WeChat, regge e cresce nonostante il generale rallentamento dei consumi. Secondo Goldman Sachs, il valore delle merci che saranno vendute così crescerà in Cina del 18% all’anno nell’arco dei prossimi due anni, rispetto al +11% dell’ecommerce in generale e rappresenterà un quarto dell’intero mercato dello shopping online nel 2025.
La forza degli hashtag
Sono previsioni, ma indicano una strada che per TikTok era chiarissima e sembra spianata: soprattutto per i più giovani (ma non solo per loro) il social network si è già da tempo affermato come il posto ideale per scoprire nuove tendenze e nuovi prodotti, in particolar modo per quanto riguarda abbigliamento e cosmetici. E gli hashtag legati allo sbarco del TikTok Shop negli Stati Uniti lo dimostrano: oltre 6 milioni di visualizzazioni per #tiktokmademebuyit (me l’ha fatto comprare TikTok, in italiano) e soprattutto quasi 5 miliardi di views solo negli Usa e solo negli ultimi 30 giorni per #tiktokshop.
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La novità arriverà anche in Europa?
Abbiamo chiesto a TikTok Italia informazioni sull’eventualità che questa possibilità arrivi anche per gli utenti dell’Unione europea e aggiorneremo questa pagina quando avremo risposte, ma è ovvio che in Occidente ci siano maggiori complicazioni, iniziando dalla necessaria profilazione degli acquirenti e dall’uso dei loro dati.
TikTok sta già lavorando in questa direzione, con l’apertura di datacenter sul territorio europeo in cui conservare e gestire i dati degli utenti europei (è quello che la società chiama Project Clover), ma la questione resta aperta e probabilmente la politica vorrà dire la sua: proprio in Indonesia, forse anche visto il successo dell’iniziativa, lo scorso settembre il governo ha vietato l’ecommerce fatto attraverso i social network. Cosa che ha costretto TikTok a sospendere questo tipo di operazioni nel Paese.
E si sa che gli Stati Uniti, evidentemente anche per questioni di geopolitica e di aree di influenza, non vedono di buon occhio lo spazio che la piattaforma sta conquistando sul loro territorio (e a discapito di aziende americane). E sicuramente l’apertura di una sezione dedicata all’ecommerce non aiuterà ad appianare le tensioni.
Fonte : Repubblica