AGI – Alla Prima del Don Carlo di Giuseppe Verdi che inaugurerà il 7 dicembre la prossima stagione del Teatro alla Scala quest’anno non parteciperà il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, da sempre vicino al Piermarini. “Il presidente Mattarella non viene quest’anno ma ci sarà l’anno prossimo. Avremmo voluto accoglierlo una volta in più ma quest’anno non poteva” ha spiegato il sovrintendente Dominique Meyer nella conferenza stampa di presentazione della Prima.
Alla serata inaugurale sarà assente anche il presidente del Consiglio Giorgia Meloni: “Non verrà, credo di no” ha detto Meyer. Per un palco reale meno affollato del solito (al momento hanno assicurato la presenza il presidente del Senato Ignazio La Russa, il vicepremier Salvini e il ministro Sangiuliano), tutto il teatro sarà ‘sold out’. “Ci saranno anche nomi dell’arte e della cultura. Penso sarà un bel pubblico” ha concluso Meyer che poi ha risposto a una domanda sul suo futuro, e, in particolare, sulla possibilità che possa essere riconfermato alla scadenza del suo mandato nel 2025.
Ogni decisione, come più volte detto dal sindaco di Milano Beppe Sala, sarà presa dopo la prima del Don Carlo quando il ministero farà conoscere il suo orientamento. “Io ho fatto un buon lavoro, speriamo bene”, ha ammesso Meyer che ha aggiunto: “Sono a disposizione. Conosco la Scala dall’80, la amo, ci lavoro 80 ore a settimana”.
A svelare i dettagli della Prima è il regista spagnolo Lluìs Pasqual che ha parlato di “un’opera emozionante dal punto di vista musicale”, portata in scena da un “cast glorioso”, dal sapore Shakespeariano. “E’ anti clericale, fa vedere il dietro le quinte del potere che è tenuto dalla Chiesa”. Come ogni anno lo spettacolo sarà ripreso dalle telecamere di Rai Cultura e trasmesso in diretta televisiva su Rai1 e radiofonica su Radio3.
La Prima sarà preceduta domenica 3 dicembre dall’Anteprima per gli Under30 e seguita fino al 2 gennaio da 7 rappresentazioni tutte esaurite. L’opera dei “primati”, che ha inaugurato la Stagione nel 1868, 1878, 1912, 1926, 1968, 1977, 1992 e 2008, sarà diretta dal Direttore Musicale Riccardo Chailly sul podio dell’Orchestra del Teatro alla Scala con un cast che schiera Francesco Meli come Don Carlo, Anna Netrebko come Elisabetta di Valois, Michele Pertusi come Filippo II, Elna Garana come Principessa d’Eboli, Luca Salsi come Marchese di Posa e Ain Anger come Grande Inquisitore.
“Quest’opera l’ho concepita come tragedia Shakespeariana – ha spiegato il regista Pasqual -. Don Carlo ci svela il dietro le quinte del potere. Adesso siamo abituati con i social, ma nell’Ottocento non era così, nessuno aveva visto una regina in costume da bagno. Vedremo il back stage, con i personaggi che sono di una solitudine enorme. Ma non perchè la Spagna fosse triste, gli eventi lo sono”.
L’opera, come l’ha pensata il regista, svela i meccanismi del potere. “L’essere umano ha inventato due cose tremende: i nazionalismi e la religione, che ci stacca dalla conoscenza degli altri. E basta guardare cosa succede nel mondo per vedere i risultati di quello che questi due peccati originali producono”. Sulla stessa linea il sovrintendente Meyer: “Basta aprire il giornale e leggere quello che succede nel Medio Oriente per capire che l’intreccio tra potere politico e religioso è una cosa pericolosa”.
Nel Don Carlo la trama è complessa, i temi cari al compositore ci sono tutti, l’amicizia, il popolo sottomesso, i problemi tra padre e figlio. E ci sono personaggi con diverse sfaccettature. Mettere tutto in scena non è stato facile. Ma come ha spiegato il regista “bisogna essere disposti a cambiare tutto perchè il materiale è umano: ci sono i cantanti e la musica. Io mi sento come quello che mette il carbone nel forno per il capo macchinista del treno, che è il maestro, è lui che farà sentire il respiro del compositore”.
Per un’opera del genere serviva un grande cast affiatato e sperimentato. Questa che a volte è sembrata una “critica”, l’avere spesso gli stessi cantanti alla Prima, come Netrebko (per la sesta volta), per il sovrintendente Meyer non lo è, e ha una spiegazione ovvia: “sono i migliori. Serviva un cast glorioso. Dunque, basta con le lamentele e godiamoci queste voci straordinarie. Anna è una leonessa e Ilina una tigre”. La regia valorizza i cantanti. “Li ho messi davanti, come in un primo piano del cinema – spiega Pasqual -, non volevo lasciarli sperduti in un grande spazio”.
In scena tanto nero, oro e alabastro. “Le persone pensano che il nero ci sia perchè la corte spagnola era chiusa, triste ma non è così. Il nero era un grande segno di ricchezza, se lo potevano permettere solo le persone ricchissime. Basta pensare ad Armani, usa il nero e nessuno pensa che faccia abiti tristi”.
I costumi dovevano essere nello stesso tempo storici e romantici e in questo è riuscita Franca Squarciapino. “Lei fa dei costumi che sembrano storici, in realtà non lo sono, ma hanno il movimento della musica verdiana”. Insieme ai costumi neri, in scena c’è un’architettura di alabastro. “L’abbiamo scelto – ha osservato – perchè si porta dietro un odore di incenso, di chiesa, perchè io credo che alla fine chi vince è il grande inquisitore”.
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Fonte : Agi