Il 30 novembre negli Emirati arabi uniti, inizierà la ventottesima Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico, la Cop28, ma il paese ospite ha pianificato di sfruttare questa occasione per siglare accordi di estrazione dei combustibili fossili tra le proprie compagnie e i paesi partecipanti. Insomma, alla vigilia della sua partenza, la Cop28 si prospetta molto più incentrata sul sostegno alle energie fossili, che sul loro abbandono per il raggiungimento di emissioni zero.
La scelta di affidare la Cop28 agli Emirati e mettere a capo della conferenza Sultan Al Jaber, amministratore delegato della compagnia petrolifera nazionale Adnoc, è stata a lungo criticata come potenzialmente decisiva per il suo fallimento. Molti hanno denunciato i possibili conflitti di interessi derivati dal doppio ruolo di Al Jaber e da quello degli Emirati come uno dei maggiori produttori di petrolio mondiali e le ultime rivelazioni hanno ulteriormente minato la fiducia nell’evento.
Il Center for Climate Reporting, che ha collaborato con la Bbc a questa inchiesta, è riuscito a entrare in possesso dei documenti preparati dal team di Al Jaber in vista degli incontri bilaterali tra il presidente della Cop28 e i rappresentanti di 27 governi presenti alla conferenza. Oltre alle questioni legate al tema centrale dell’evento, la crisi climatica, i documenti includono “punti di discussione” e “richieste” da presentare ai vari paesi da parte di Adnoc e Masdar, la società di energie rinnovabili degli Emirati, entrambe dirette da Al Jaber.
Tra questi si trovano offerte di collaborazione con la Cina per estrarre gas naturale in Mozambico, Canada e Australia, la richiesta al Brasile di “garantire l’allineamento e l’approvazione” dell’offerta di Adnoc per acquistare la maggioranza nella più grande società petrolifera e del gas dell’America Latina, la Braskem, il “sostegno” alla Colombia nello sviluppo delle sue risorse fossili e altre 12 proposte per l’estrazione di gas e petrolio con altrettanti paesi, tra cui Germania ed Egitto.
In più, i documenti vanno anche a suggerire una linea politica comune agli altri paesi produttori di petrolio, come l’Arabia Saudita e il Venezuela, con la raccomandazione di spigare che “non c’è conflitto tra lo sviluppo sostenibile delle risorse naturali di un paese e il suo impegno nei confronti del cambiamento climatico”. Non proprio la verità, dato che anche i processi estrattivi sono inquinanti e le stesse Nazioni Unite, promotrici della conferenza, hanno rimarcato l’importanza fondamentale dell’abbandono dei combustibili fossili in tutto il mondo per riuscire a contenere l’aumento delle temperature al di sotto di livelli potenzialmente catastrofici.
Oltre a essere completamente in contrasto rispetto agli obiettivi e alla stessa ragion d’essere della Cop28, il piano per concludere accordi commerciali durante la conferenza rappresenta una grave violazione degli standard di condotta che ci si aspetta dal paese ospite e dal presidente dell’evento, stabiliti dall’organismo delle Nazioni Unite responsabile dei negoziati sul clima, la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici.
Fonte : Wired