di mons. Antuan Ilgit *
In esclusiva ad AsiaNews una riflessione del presule turco che ieri ha ricevuto l’ordinazione episcopale. Dialogo, ricostruzione e impegno a consolidare la Chiesa locale. Nell’omelia il vicario di Istanbul ha ricordato il suo essere “strumento di consolazione e messaggero di speranza” a una comunità segnata dal sisma. Oggi pranzo con il patriarca ortodosso Bartolomeo e prima messa con i giovani.
Istanbul (AsiaNews) – Una “nuova pagina” nella storia della Chiesa turca, che potrà far nascere “anche delle nuove vocazioni” per “consolidare un clero turco”. È quanto scrive in una riflessione affidata in esclusiva ad AsiaNews mons. Antuan Ilgit, neo ausiliare del Vicariato apostolico d’Anatolia, commentando l’ordinazione che si è celebrata ieri a Istanbul “perché la nostra cattedrale – spiega – è crollata nel terremoto” del 6 febbraio scorso. A questo, prosegue, si sommano l’impegno per i giovani, nella ricostruzione post-sisma partendo dalla cattedrale e nel dialogo ecumenico e interreligioso. A ospitare la funzione la basilica di s. Antonio da Padova a Istanbul, alla presenza di mons. Paolo Bizzeti vicario d’Anatolia (che ha presieduto), del nunzio apostolico mons. Marek Solczynski e del vicario apostolico di Istanbul mons. Massimiliano Palinuro. Fra quanti hanno partecipato cristiani turchi, rifugiati, studenti africani, catecumeni e neofiti per una festa di tutta la comunità cristian della Turchia, oltre ad amici e fedeli dal Medio oriente, dagli Stati Uniti e dall’Italia.
Nell’omelia mons. Palinuro ricorda che oggi si celebra la solennità di Cristo Re e sottolinea come l’ordinazione sia “promessa di rinascita per la Chiesa di Anatolia” e di un popolo “provato” dall’immane “disastro” rappresentato dal sisma. “In comunione con mons. Paolo, quale suo vescovo ausiliare, sei chiamato – ricorda il vicario di Istanbul – a servire persone disperate che attendono dal Signore e dalla sua Chiesa sostegno per ricostruire ciò che il terremoto ha distrutto […] In mezzo a un popolo sconvolto dalla tragedia del terremoto, possa tu essere strumento di consolazione e messaggero di speranza. Con amore di padre incoraggia chi ha perso tutto e sostieni chi ha il compito di ricostruire le strutture materiali e le relazioni umane che il terremoto ha distrutto”. Oggi, infine, l’invito del patriarca Bartolomeo I per un pranzo al patriarcato, cui seguirà alle 17.30 la celebrazione della prima messa da vescovo nella cattedrale Santo Spirito a Istanbul alla presenza di un gruppo di giovani, per celebrare la XXXVIII Gmg turca incentrata sul tema: “Lieti nella speranza” (Rm 12,12).
Ecco, di seguito, la riflessione del neo-vescovo:
L’ordinazione episcopale è una bella novità ed è una nuova pagina nella storia della Chiesa cattolica in Turchia, che dà grande speranza. Sono molto grato a papa Francesco per la fiducia che ha riposto in me e, attraverso di me, nei giovani della chiesa di Turchia. Auspico che sia l’inizio di una nuova era in cui nasceranno anche delle nuove vocazioni, per poter consolidare un clero turco. Al contempo bisogna essere anche realisti: mentre preghiamo il Signore che doni operai per la sua messe, dobbiamo impegnarci per accompagnare i giovani e promuovere le vocazioni scendendo in campo, stando in mezzo a loro. Se non vi è testimonianza di vita, se non si esce dai recinti andando verso di loro, le vocazioni non nascono nei sogni. Poi bisogna valorizzare anche i laici, le giovani coppie desiderose di servire la Chiesa e il popolo di Dio a vari livelli e con grande generosità; la Chiesa è fatta “anche” dai laici, non dimentichiamolo.
Una Chiesa turca
Quando il papa all’udienza concessa al gruppo che accompagnavo a Lisbona, per la Gmg, mi ha chiesto di “non abbandonare i giovani” e di non perdere “l’umanità che mi distingue” lui nel suo cuore al primo posto aveva i giovani della Turchia, specialmente quelli delle zone terremotate. Il modello che ho davanti è proprio lui, come ascoltava con attenzione i giovani, i loro dolori, li lasciava esprimere come volevano, rispettava le loro lacrime e incoraggiava i loro sogni. Quindi continuerò il mio impegno con loro puntando sull’accompagnamento, sulla vicinanza, sulla formazione cristiana e umana, sulla promozione dei loro talenti, anche perché sono loro il futuro della Chiesa e della società.
Le nostre comunità sono composte anche dai rifugiati cristiani e studenti africani che durante la loro permanenza in Turchia hanno bisogno di essere accolti, accompagnati e aiutati a vari livelli. Cercherò di essere sempre inclusivo anche nei loro confronti come ha fatto finora mons. Paolo Bizzeti nel suo servizio alla Chiesa dell’Anatolia. Sotto questo aspetto mi sento molto fortunato, perché sono l’ausiliare di un vescovo con cui condividiamo gli stessi valori, abbiamo le stesse priorità. La stessa cosa vale per gli altri vescovi della Conferenza episcopale: mi accolgono con grande speranza e io mi preparo a una collaborazione fatta di dialogo e rispetto. Stranieri o nativi, tutti siamo chiamati a servire l’unica Chiesa di Turchia. E lo dobbiamo fare con sinodalità, come lo Spirito santo ora lo sta dicendo alla sua Chiesa attraverso il magistero di Francesco. È vero che i vescovi, il clero della Chiesa latina in questa terra, è sempre giunto da fuori ma bisogna pure riconoscere che hanno amato il Paese, questa “terra santa”, ed è grazie a loro che le nostre comunità sono andate avanti e persone come me hanno incontrato il Signore.
Rinascere dal terremoto
Con i terremotati il nostro vicariato si è impegnato molto e attraverso Caritas Anatolia continueremo a stare vicini alla popolazione colpita. Non pensate che la prima emergenza sia già alle spalle; tante famiglie, specialmente di rifugiati, vivono ancora nelle tende e l’inverno è alle porte. Allo stesso tempo chi aveva dovuto abbandonare le città vuole e tenta di tornare e riprendere la vita. Questi vanno aiutati e noi ci siamo, per quanto possiamo. Poi superato l’iter burocratico dovremmo iniziare presto a ricostruire la cattedrale. Come non è contemplata una cattedrale senza una comunità, non può essere contemplata una comunità senza la sua cattedrale. Pertanto, mentre ricomponiamo la comunità cristiana, con le pietre vive ricostruiremo anche la cattedrale. Queste terre che sono molte care alla cristianità non possono e non devono essere spopolate. Siamo vicini ad altri Paesi colpiti da guerre, terrorismo, catastrofi, che da anni subiscono un “emorragia” persistente di cristiani. Le nostre comunità sono preoccupate per quanto sta succedendo in Ucraina, in Israele e Gaza, in Siria come in Armenia e Nagorno Karabakh. Ogni giorno, in ogni messa preghiamo per la pace e il dialogo. La guerra è come un tumore che origina metastasi, e mentre fa soffrire indicibilmente tende a diffondersi a macchia d’olio. Per questo bisogna continuare a educare alla pace e impegnarci a promuoverla nella famiglia, nelle comunità per diffondere una mentalità di pace e dialogo.
Ecumenismo e dialogo interreligioso
In tema di dialogo, la partecipazione del Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I, del patriarca armeno di Costantinopoli Sahak II e dei metropoliti siro-ortodossi e greco-ortodossi alla mia consacrazione mi danno molta speranza per il cammino ecumenico. Esso è frutto del tanto impegno posto da parte dei vescovi di questa terra. Io al momento sono solo un umile beneficiario e ora tocca anche a me coltivare queste relazioni, mantenerle e migliorarle. Qui, in questa terra, già da secoli si sperimenta il dialogo e il cammino d’insieme nella vita, nella quotidianità condividendo le stesse sorti, gioie e dolori. E lo stesso vale in una prospettiva di dialogo interreligioso con l’islam.
Il presidente della Conferenza episcopale (Cet) mons. Martin Kmetec solo pochi giorni fa ha annunciato che il 2024 sarà l’anno dell’Eucarestia per la Chiesa turca. L’Eucarestia è un dono prezioso del Signore alla sua Chiesa, con essa diventiamo sempre un corpo unico, ci alimentiamo e operiamo generosamente con fede, speranza e carità. Auspico che l’anno eucaristico per la Turchia, come sottolineato dal mons. Kmetec, ci ricordi che “dopo aver mangiato il Pane del Cielo siamo chiamati a condividere il pane terreno con tutte le persone che si trovano nella povertà e nel bisogno”. Queste parole richiamano quelle del papa di pochi giorni fa: “La povertà è uno scandalo e quando il Signore tornerà ce ne chiederà conto”. Il Papa nella bolla con cui mi nomina vescovo ausiliare scrive: “Ricevendo quest’ufficio di Vescovo, sia assicurato dell’assistenza di Cristo Supremo Pastore, dalla Beata Maria Vergine e del suo castissimo Sposo san Giuseppe nonché dei favori di san Ignazio di Loyola, figlio amato, ricordando quotidianamente, che tra tutte le cose, la carità è la più grande e che non avrà mai fine (cfr 1 Cor 13,8)”. Infatti, la carità nasce e viene coltivata dall’Eucaristia. E che la Madre celeste, sotto la cui protezione ci rifugiamo e a cui affido il mio ministero episcopale, ci custodisca e ci accompagni verso suo Figlio e il nostro Signore. Io continuo a seguire la sua Provvidenza, che non mi ha mai deluso e mai mi deluderà.
* Vescovo titolare di Tubernuca e ausiliare del Vicariato apostolico d’Anatolia
“ECCLESIA IN ASIA” È LA NEWSLETTER DI ASIANEWS DEDICATA ALLA CHIESA IN ASIA
VUOI RICEVERLA OGNI DOMENICA SULLA TUA MAIL? ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER A QUESTO LINK
Fonte : Asia