È un evento paragonabile, per intensità, a una supernova. Un lampo cosmico centinaia di miliardi di volte più potente e luminoso del Sole, che pulsa a ripetizione nello spazio profondo e poi si spegne. Il suo nome scientifico è Luminous Fast Blue Optical Transient, o Lfbot, e ne abbiamo appena visto uno particolarmente interessante. Ufficialmente si chiama AT2022tsd, ma i suoi scopritori – che danno contezza dell’osservazione sulle pagine di Nature – lo hanno affettuosamente soprannominato “diavolo della Tasmania” proprio in virtù della sua incredibile vivacità. Per studiare il suo comportamento i ricercatori hanno combinato i dati provenienti da 15 diversi telescopi e osservatori sparsi nel mondo, tra cui il W.M. Keck Observatory e il Chandra Space Telescope della Nasa. Un altro nome possibile sarebbe stato Fenice: perché il potentissimo lampo cosmico, dopo essersi apparentemente spento, è tornato a pulsare più luminoso di prima nello spazio. E il fenomeno, con grande stupore degli scienziati, si è ripetuto più volte.
Cosa sappiamo di AT2022tsd
Come dicevamo, gli eventi cosmici “transienti” (cioè che spariscono in tempi relativamente brevi) più conosciuti sono le supernovae, che “vivono” in media qualche settimana. AT2022tsd ha fatto di più e meglio, dando luogo a 14 diversi brillamenti che si sono accesi e spenti nell’arco di un centinaio di giorni. Tutti luminosissimi, perfino gli ultimi: uno spettacolo pirotecnico ancora più potente rispetto al suo analogo più simile osservato quattro anni prima, AT2018cow – o, per gli amici, The Cow. “Le proprietà della luce emessa da AT2022tsd” hanno scritto gli autori dell’articolo appena pubblicato “sono molto simili a quelle della luce emessa da AT2018, il che suggerisce che i due lampi potrebbero avere un’origine comune”. Già, ma quale origine? Cos’è che dà luogo a fenomeni di questo tipo, e perché sono così rari? Risposte certe e definitive, al momento, non ce ne sono: l’origine comune di AT2018cow e AT2022tsd potrebbe essere, forse, un “oggetto compatto” come un buco nero o una magnetar (ossia una stella di neutroni dotata di un intensissimo campo magnetico) che continua a accumulare materia al suo interno rilasciando così un flusso costante di energia.
“Le possibili sorgenti di questo flusso di energia così grande – scrivono ancora gli autori del lavoro – “sono una stella di neutroni appena nata oppure un oggetto compatto con una massa comparabile a quella di una stella intermedia. In quest’ultimo caso si potrebbe trattare di un buco nero formatosi di recente”. L’occorrenza di fenomeni di questo tipo dovrebbe infatti dar luogo ai cosiddetti eventi di distruzione mareale (anche buchi neri e stelle hanno una forza di marea, che è un effetto secondario della forza di gravità: quando un oggetto molto grande subisce l’influenza gravitazionale di un altro, quest’ultima può distorcerne la forma, fino a distruggerlo. È quello che capita alle stelle che si avventurano troppo vicino a un buco nero e ne vengono polverizzate, che comportano l’emissione e la cattura di enormi quantità di energia, compatibili, almeno in linea di principio, con quelle del “diavolo della Tasmania”. Ma al momento queste sono solo ipotesi.
Fonte : Wired